C’è una riflessione che ci comunichiamo nell’Associazione pedagogisti ed educatori italiani (Apei) da alcuni anni: il fatto che gli educatori di infanzia (laureati in scienze dell’educazione) non possano accedere alla scuola di infanzia non va bene. In questo articolo vi spiego perchè.
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Lo scorso giugno è stato convertito in legge il cosiddetto Decreto scuola sulla ripartenza. Nell’iter è stato approvato un emendamento che riguarda gli educatori: il prossimo anno i comuni titolari di scuole dell’infanzia paritarie potranno attingere alle graduatorie dei nidi per gli insegnati di scuola dell’infanzia, qualora le graduatorie relative dovessero esaurirsi.
Questa scelta è stata motivata da un aumento del bisogno di personale che gli enti locali avrebbero dovuto assumere a causa della pandemia. E’ poi accaduto che le linee guida per la ripartenza del sistema 0-6 anni a seguito del Covid non abbiamo previsto un effettivo obbligo in termini di incremento del personale. Si è trattato comunque di una scelta quanto mai opportuna, e che mette mano (ancorchè in maniera provvisoria) ad una aporia che il legislatore ha creato nell’approvazione del DLgs 65/2017.
L’intento del legislatore, nel momento in cui procedeva nella approvazione del sistema 0-6 anni era quello di valorizzare la continuità dell’esperienza educativa nel segmento che precede la scuola primaria. Eppure la scelta del personale di questo segmento finisce per essere contraria alla premessa, perchè è stato creato piuttosto un operatore dalla nascita fino all’ultimo anno di scuola primaria.
Ciò accade perchè il laureato in scienze della formazione primaria, oltre ad essere abilitato all’insegnamento nella primaria (6-11) e nell’infanzia (4-6) può diventare operatore nei nidi con un anno di specializzazione aggiuntivo. Attualmente quindi la medesima formazione abilita dalla nascita agli 11 anni e riteniamo questa scelta sbagliata.
Dal punto di vista degli operatori il sistema 0-6 è molto poco un sistema 0-6, ma è piuttosto parte di un blocco monolitico che dalla nascita arriva agli 11 anni. Il sistema 0-6 è in realtà un sistema 0 – 11. La scelta di affidare il sistema 0-11 ai laureati in scienze della formazione primaria è sbagliata, perchè mette insieme cose che sono molto diverse.
Il servizio di nido è un servizio pienamente educativo, mentre la scuola primaria ha una centratura sull’istruzione. In mezzo c’è la scuola dell’infanzia.
La scuola di infanzia è certamente molto importante perchè il bambino vi acquisisce importanti fondamenti della attività della primaria. Resta il fatto però che la programmazione della scuola di infanzia è molto più vicina al modo di progettare e di attuare l’attività del nido di quanto non lo sia al modo di progettare e di condurre il servizio per la scuola primaria. Lo stesso pregrafismo, come molti di noi sanno, è una prospettiva molto controversa.
Piuttosto che un operatore monolitico del blocco 0-11 anni avrebbe molto più senso prevedere la compresenza dei due operatori nella scuola di infanzia. Bisognerebbe consentire quindi che nella scuola dell’infanzia fossero compresenti laureati L19 con indirizzo infanzia e laureati Lm85Bis.
In questo modo si garantirebbe la continuità con l’esperienza educativa del nido e al contempo la costruzione delle premessa per la primaria e la gradualità con il sistema dell’istruzione 6-11.
Questa idea, che nell’Apei maturiamo da tempo, sta facendo breccia anche negli ambiti sindacali. Ad esempio in un recente comunicato dell’Anief si invoca la possibilità che i laureati L19 con indirizzo infanzia insegnino nella scuola d’infanzia, in quanto “non è pensabile che lo Stato prima formi i cittadini su determinate competenze e poi li lasci fuori dalla scuola”.
Appare pertanto necessario che venga riportato nel dibattito sulla scuola dell’infanzia una ridefinizione dei titoli di accesso. Prevedere un congruo numero di educatori al fianco dei colleghi insegnanti nell’ambito dei consigli di sezione è il fondamento per fare (davvero) il sistema 0-6 anni.
Sono pienamente d’accordo con quanto scritto.
È frustrante. La mancanza di laureati in formazione primaria che vogliono lavorare all’infanzia è un problema concreto.
Chi, come me, è laureato in scienze dell’educazione si trova a mandare cv per poi sentirsi fare sempre la stessa proposta: “ci serve un’insegnante di sezione, la legge ci permette di tenerti per un massimo di due anni poi dovremmo porre fine al contratto”.
Nei nidi e nelle sezioni primavera è davvero difficile trovare posto.
È un girovagare continuo privo di senso di stabilità e pace.
Quando verrà regolamentata la cosa? Quando la L19 sarà abilitante anche per l’infanzia?
Sembra un incubo senza fine e senza risposte..